La sanabilità degli abusi edilizi nella procedura esecutiva immobiliare

Sappiamo bene che l’acquisto di immobili attraverso il canale delle aste giudiziarie può essere più conveniente rispetto alle normali compravendite sia perché, quasi sempre, il prezzo degli immobili è inferiore rispetto a quello di mercato, sia perché si evitano le spese relative al rogito notarile e si può fruire di agevolazioni fiscali.

Determinarsi all’acquisto facendo leva solo su questi due fattori può però rivelarsi “un salto nel buio” poiché gli immobili sottoposti a pignoramento possono essere posti in vendita anche nel caso in cui siano stati edificati commettendo abusi edilizi, possono essere gravati da consistenti debiti condominiali da saldare che necessariamente vanno quantificati prima di partecipare all’asta, inoltre non si può esercitare il diritto di recesso dall’acquisto in caso di vizi dell’immobile o di altri fattori od oneri che ne deprezzino il valore in maniera significativa.

Bisogna sottolineare che alle vendite esecutive immobiliari non si applicano le norme contenute nel Testo Unico in materia edilizia, in base alle quali sono vietati gli atti di trasferimento degli immobili realizzati senza permesso di costruire o senza permesso in sanatoria; ed infatti, in virtù del combinato disposto dagli artt. 46, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001 e 40, comma 6, della legge n. 47 del 28 febbraio 1985, nel caso in cui gli abusi possano essere sanati, l’aggiudicatario è rimesso nei termini per la presentazione della domanda di concessione in sanatoria.

Principalmente il compito di verificare la presenza di abusi e l’eventuale sanabilità degli stessi è funzione del perito nominato per la stima degli immobili, ma non è mai sufficiente basarsi solo sulla perizia estimativa. Un bravo consulente riverifica quanto indicato dal perito, lo corregge se necessario e lo integra con informazioni corrette, complete ed esaustive da fornire al Cliente.

Occorre verificare:

a)       l’identificazione catastale degli immobili, previo accertamento dell’esatta rispondenza dei dati specificati nell’atto di pignoramento con le risultanze catastali;

b)        la consistenza dei beni sotto il profilo urbanistico e, in caso di esistenza di opere abusive, si dovrà indicare:

1) se le opere sono sanabili;

2) se vi è in corso una pratica di sanatoria edilizia indicandone lo stato;

3) se per il rilascio della concessione edilizia è necessario il parere preventivo di altri uffici tecnici;

4) i probabili relativi costi.

In particolare, se l’immobile è stato realizzato o modificato violando la normativa urbanistico-edilizia, occorrerà verificare analiticamente la tipologia degli abusi che sono stati riscontrati e se l’illecito sia stato sanato o sia sanabile in virtù del combinato disposto degli artt. 46, comma 5, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e 40, comma 6, della legge n. 47/1985.

L’ultima legge che si è occupata di condono edilizio è la n. 326 del 2003 che ha anch’essa disposto sulla possibilità di sanare gli abusi edilizi realizzati per gli immobili acquistati all’asta nell’art. 32, comma 25.

Esistono poi dei casi particolari come ad esempio quello di immobili eseguiti prevalentemente in conformità alle norme urbanistico-edilizie, che presentano pur tuttavia abusi non sanabili e che non è possibile demolire senza incidere sulla stabilità del fabbricato. In questo caso trova applicazione l’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 il quale prevede che per gli abusi relativi ad immobili adibiti ad usi residenziali viene erogata una sanzione pari al doppio del costo di produzione dell’abuso (costo determinato in base alla l. n. 392/1978) e per quelli relativi ad altri usi viene erogata una sanzione pari al doppio del valore venale (determinato a cura dell’Agenzia del territorio).

La decorrenza dei termini per la richiesta di sanatoria

L’aggiudicatario entro 120 giorni dalla emissione del decreto di trasferimento deve depositare la domanda di concessione in sanatoria, in base alle norme dettate dal d.l. 23 aprile 1985, n. 16 e successive modificazioni e integrazioni che ha lasciato invariato tale termine.

In particolare, l’art. 40, comma 6, della legge n. 47/1985 prevede che, nell’ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità previste dalla legge stessa e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile. A tale disposizione letterale hanno fatto riferimento, senza peraltro modificarla, le successive leggi di sanatoria degli abusi edilizi, ossia la n. 724 del 1994 e la n. 326 del 2003, quest’ultima di conversione del d.l. n. 269/2003. Nonostante la su citata norma appaia chiara nella definizione lessicale ha tuttavia originato difficoltà nella sua interpretazione, soprattutto nella parte in cui prevede che il termine per presentare la domanda di sanatoria decorra “dall’atto di trasferimento”.

In verità, più correttamente, dovrebbe ritenersi che i centoventi giorni entro cui richiedere la sanatoria urbanistica decorrono non già dalla data di pubblicazione del decreto di trasferimento, bensì dalla data della sua piena conoscenza da parte dell’aggiudicatario definitivo che coincide con la no- tifica del decreto stesso, ovvero con la sua comunicazione attraverso altra attività equipollente (ad esempio PEC, raccomandata A.R.).

l’art. 46, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 2001 – c.d. Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia prevede – a differenza di quanto in precedenza riportato all’art. 40 della legge n. 47 del 1985 – che: «… L’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria»’

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